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Scriveva Einstein:
"Le teorie di Bohr sulla radiazione mi interessano
moltissimo, tuttavia non vorrei essere costretto ad
abbandonare la causalità stretta senza difenderla più
tenacemente di quanto abbia fatto finora. Trovo
assolutamente intollerabile l'idea che un elettrone
esposto a radiazione scelga di sua spontanea volontà non
soltanto il momento di "saltare", ma anche la direzione
del "salto". In questo caso preferirei fare il croupier
di casinò piuttosto che il fisico"
Bene, oggi Einstein avrebbe cambiato mestiere e farebbe
il croupier al casinò. Nel conflitto tra Einstein e Bohr
è il secondo che ne è uscito vincitore su tutta la
linea, con conseguenze inimmaginabili per il povero
Einstein. Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto definiamo ciò di cui stiamo trattando: la
fisica è la scienza che studia i fenomeni naturali al
livello più fondamentale e generale. La fisica utilizza
lo strumento matematico per indagare la struttura della
realtà. Questa corrispondenza tra la matematica (un
fenomeno interno al nostro intelletto) e le leggi che
regolano i fenomeni della natura (all'infuori di noi) ha
sempre sorpreso gli scienziati. Galileo, il primo ad
affermare che la natura parla in linguaggio matematico è
il padre del metodo scientifico. Questo atteggiamento di
fiducia nell'intelligibilità del reale in termini logico
/ matematici proseguì senza intoppi fino ai primi anni
del 1900, quando Einstein se ne uscì con la famosa frase
"Dio non gioca a dadi". Einstein aveva in quel momento
di fronte i primi risultati che avrebbero poi spinto i
fisici a creare la Meccanica Quantistica. È di questa
fisica che principalmente tratteremo, perchè di fatto la
coscienza collettiva non ha ancora metabolizzato i
concetti di fondo che questa nuova visione del mondo ha
conferito alla conoscenza umana, dato che la
consapevolezza da essa derivante ad oggi è unicamente
patrimonio dei fisici.
Non tutti sarebbero d'accordo con questa mia
affermazione. Di fatto all'interno della comunità stessa
dei fisici si sono scatenate acerrime lotte
sull'interpretazione che veniva data ad alcune evidenze
sperimentali. Einstein da questo punto di vista è un
esempio emblematico: dopo aver contribuito in misura
determinante allo sviluppo della Meccanica Quantistica
con la spiegazione dell'effetto fotoelettrico non
credette mai a ciò che fu in seguito a questa sua
scoperta teorizzato dalla scuola di Copenhagen
capitanata da Niels Bohr.
Anche se Einstein si è sempre rifiutato di accettare la
nuova visione del mondo che emergeva, molti altri fisici
hanno accettato la sfida evidenziando il bisogno e il
tentativo di sviluppare una concezione della realtà:
ecco alcuni particolari poco conosciuti della biografia
di alcuni di loro:
Niels Bohr dopo un viaggio in Cina fu molto colpito nel
vedere come la mentalità orientale riuscisse a
conciliare meglio degli occidentali le nuove idee che
venivano dalla Meccanica Quantistica. Per questo motivo,
quando gli fu chiesto di scegliere uno stemma nobiliare,
scelse il simbolo cinese dello Yin - Yang con il motto
Contraria sunt complementa.
Wolfgang Pauli collaborò con lo psicologo Jung alla
definizione di un principio complemetare al principio di
causalità, il principio di sincronicità, e fu talmente
affascinato dalle teorie di Jung che scrisse un libro
dal titolo "L'interpretazione della natura e della
psiche" (1952).
Erwin Scroedinger si interessò molto di filosofia sia
occidentale che orientale, scrisse un libro dal titolo
"Che cos'è la vita?".
Fritjof Capra, fisico delle particelle, ha abbandonato
la carriera di fisico per dedicarsi a scrivere libri
divulgativi su quello che la Nuova Fisica gli suggerisce
(Il Tao della Fisica - Il punto di svolta)
Frank Tipler, cosmologo, che arriva a scrivere un libro
dal titolo quantomeno sorprendente: La Fisica
dell'immortalità:
Al giorno d'oggi è piuttosto raro imbattersi in un libro
nel quale si proponga l'unificazione di scienza e
religione ed è straordinario trovarne uno nel quale si
affermi, come farò nel corso di questo saggio, che la
teologia è una branca della fisica, e che i fisici
possono dedurre (attraverso procedimenti di calcolo,
esattamente nel modo in cui calcolano le proprietà
dell'elettrone) l'esistenza di Dio e la verosimiglianza
della risurrezione alla vita eterna.
Naturalmente, viene da chiedersi se dico sul serio.
Sì, dico sul serio. Però sono sorpreso quanto il
lettore. All'inizio della mia carriera di cosmologo,
all'incirca vent'anni fa, ero un ateo convinto. Era al
di là delle mie più strambe fantasticherie immaginare
che un giorno avrei scritto un libro con la pretesa di
mostrare che gli assunti fondamentali della teologia
ebraico-cristiana sono di fatto veri, e che sono
direttamente deducibili dalle leggi della fisica, così
come le si interpreta oggi. A spingermi a queste
conclusioni è stata la logica inesorabile della
particolare branca dello scibile di cui mi occupo.
Questo mio libro descrive la teoria fisica e
sperimentabile di un Dio onnipotente, che farà risorgere
ciascuno di noi alla vita eterna in una dimora che per
ogni aspetto fondamentale è il paradiso della tradizione
ebraico-cristiana. Non farò mai appello alla
Rivelazione, ma ai risultati concreti della scienza
moderna e alla ragione del lettore. Descriverò il
meccanismo fisico della risurrezione universale.
Mostrerò con estrema precisione come la fisica consenta
la risurrezione alla vita eterna di tutti coloro che
sono vissuti, che vivono o che vivranno. A chi ha
perduto una persona amata, a chi ha paura della morte,
la fisica moderna ora può dire: "Rasserenatevi, voi e
loro tornerete a vivere".
La comunità dei fisici si è bevuta il cervello? Il mio
parere è che i fisici sono i primi testimoni di un
cambiamento epocale che sancisce la fine della una
concezione meccanicistica della realtà. Un cambiamento
si porta però necessariamente dietro la perdita di
alcune certezze, e questo può far nascere resistenze e
paure più o meno inconsce.
Accettare la nuova visione del mondo che emerge dalla
Meccanica Quantistica non è affare da poco quindi, e il
motivo della perplessità di Einstein era che per la
prima volta da sempre, nella storia (della scienza) e
cioè da Galileo, è sembrata falsa, o per lo meno molto
poco appropriata, l'ipotesi di fondo che ha sempre
sorretto l'indagine scientifica: la natura parla in
linguaggio matematico.
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